Il calcio si macchia di un altro episodio di razzismo nei confronti di un giocatore nero. Nel secondo turno eliminatorio estivo di Coppa Italia, la partita Varese-Ponte San Pietro di domenica scorsa è stata caratterizzata da numerosi cori razzisti e scatti d’ira. Protagonisti assoluti del match sono stati gli ultrà del Varese, che dalla curva Nord hanno iniziato a insultare e fischiare il loro attaccante 26enne, Giulio Osarimen Ebagua. Il calciatore nigeriano, dopo aver segnato il gol dell’1-1 è corso sotto gli spalti, togliendosi la maglia numero 21 e ha risposto vivacemente a chi lo contestava, mostrando il dito medio. E’ stato inutile il tentativo di un compagno di squadra di zittirlo e alla fine i tifosi non hanno finito di vedere la partita (vinta dal Varese, che al prossimo turno incontrerà il Bologna), abbandonando lo stadio prematuramente per protesta. A fine partita, il pullman della squadra è stato anche scortato dalla Polizia, perchè all’esterno dello stadio la situazione era molto calda.
Oltre al colore della pelle (citato negli insulti dei tifosi), nella contestazione può aver pesato il passaggio, l’anno scorso, di Ebagua al Torino, che qualcuno potrebbe aver visto come un “tradimento”. La società varesina ha diramato una nota: “Premesso che il gesto di Ebagua è da condannare e che nell’opportuna sede verranno presi i giusti provvedimenti, il presidente Antonio Rosati si sente di sostenere il ragazzo, che ha reagito a cori ripetuti e discriminanti per lui e la sua razza. Inoltre, si segnala che la società AS Varese 1910 verrà multata per i fatti in questione“.
Anche il giocatore Ebagua ha parlato ai giornalisti della Gazzetta dello Sport: “Il razzismo può essere un appiglio – dichiara -, un pretesto in più per chi non ha motivi validi per contestare. Fatti del genere fanno riflettere sul tuo futuro, ma se non arriveranno offerte sarò comunque felice di rilanciarmi a Varese e chi mi contesterà dovrà sopportare la mia brutta faccia“. Ebagua ha chiesto scusa al pubblico per aver reagito ai cori, ma ci tiene a sottolineare un principio: “L’Italia è l’unica nazione in cui i tifosi pensano di poter comandare – afferma -; da professionista accetto i loro insulti, ma non il fatto che vogliano dettare legge. E per questo alzo la voce“.