Cristiano Doni, l’ex capitano dell’Atalanta, squalificato per 3 anni e mezzo dalla Giustizia Sportiva per il suo coinvolgimento nel calcioscommesse e per il quale si trova attualmente agli arresti domiciliari, ha concesso un’intervista esclusiva alla Gazetta dello Sport, nella quale ha provato a raccontarsi, svelando la sua verità sullo scandalo delle scommesse calcistiche, che hanno coinvolto la sua amata Atalanta, alla quale sono stati inflitti 6 punti di penalizzazione ad inizio campionato.
Il racconto di Cristiano Doni parte da una partita di Coppa Italia con la Pistoiese di ben 12 anni fa che terminò per 1-1. Risultato che ammette essere stato oggetto di accordo, così come quello con il Piacenza, una delle partite oggetto di incriminazione:
Sì è così non posso continuare a dire diversamente e se qualcuno vorrà altre spiegazioni, sono pronto a darle. Sono stato un imbecille e non esiste nessuna giustificazione. La retrocessione mi aveva segnato, mi sentivo il primo responsabile, avrei fatto di tutto per ottenere la A e infatti ho detto di sì quando mi è stato detto che il Piacenza veniva a perdere…Ecco, non mi sono mai venduto una partita. C’è una differenza almeno in questo? Tra chi lo fa per soldi e chi per amore della propria squadra? No, è vero, c’è da cambiare una mentalità sbagliata, se adesso c’è un’organizzazione criminale, come leggo, che riesce a penetrare con facilità nel nostro calcio, credo che il motivo parta da questa idea sbagliata di cosa è giusto e cosa è sbagliato. Dopo aver provato l’esperienza del carcere, mi vergogno di quando andavo e più spesso venivano a chiedermi di non impegnarci troppo perché a noi il risultato non serviva. Sono la persona meno indicata per fare la morale agli altri. Ho sbagliato, forse ho pagato anche oltre le mie colpe, ma è giusto così. Doni non era un angelo, ma nemmeno il diavolo. Però il calcio non può continuare in questo modo. Non è credibile. Se dovessi dare un consiglio ad un ragazzo che inizia a giocare a calcio gli direi che deve giocare pulito, sempre e non dare retta a chi gli chiede di barare, anche fosse un compagno. Deve denunciare, far finta di nulla è grave quasi come alterare una partita, non è facile ma questa è la strada. Non prendete esempio da me, fate come Andrea Masiello, bisogna avere il coraggio di parlare e raccontare tutto il marcio nel calcio. Si può sbagliare, ma e’ ancora peggio non alzare la mano e ammetterlo. Io forse speravo di farla franca, ma più che altro pensavo che la mia era una cosa minima, credevo che tutto fosse ricondotto alle scommesse e a qualche accordo sotto banco. Mi sbagliavo, c’è molto di più, ecco perché non riesco a darmi pace: dovevo capire la gravità delle mie azioni.
Un pensiero è rivolto da Doni anche ai suoi amati tifosi, con tanta, troppa, amarezza e consapevolezza di non essere più un idolo a Bergamo:
Lo so ed è la cosa che più mi ferisce in questa storia dopo il male fatto alla mia famiglia. La Dea per me è tutto, era tutto… Capisco di averli delusi, traditi. Non chiedo perdono, ma solo che non siano cancellate tutte le cose buone che ho fatto in campo.