Albertini parla del calcio italiano: “Troppa fuga di cervelli”

Ha un passato da grande centrocampista ma da quando ha appeso le scarpette al chiodo Demetrio Albertini è diventato uno degli uomini più importanti della FIGC. L’ex centrocampista del Milan infatti attualmente ricopre il ruolo di vicepresidente della federazione e proprio per questo quando gli si chiede un parere sullo stato attuale del calcio italiano la risposta non può che essere dettagliata: “Troppe cessioni all’estero, pochi progetti sportivi e nelle serie inferiori non c’è più mercato. Perché è in vigore questo qualunquismo di dire: non ci sono più i talenti di una volta. In più l’UE ti consente di prendere i calciatori fuori dal confine. Un ragazzo quindi non deve essere soltanto tra i migliori italiani, anche tra i migliori al mondo“.

Insomma ecco il vero problema del calcio italiano, la continua ricerca di talenti esteri invece che puntare su giocatori “costruiti” in casa. Albertini poi continua:”L’anno scorso sono partiti Pastore, Sanchez ed Eto’o. Quest’anno Ibra, Thiago Silva e Verratti. Quest’ultimo era un nostro patrimonio, si sapeva che sarebbe stato così anche ai massimi livelli. Mi chiedo perché non ci sia la possibilità di tenerli nel campionato: come Villa dal Valencia al Barcelona, Ballack dal Leverkusen al Bayern. Così mantieni alto il livello del torneo e, di conseguenza, il valore dei diritti TV“.

Infine Albertini è convinto che per andare avanti il nostro calcio deve aprire alle cosiddette “squadre B”, un esperimento che sta ampiamente funzionando in altro stati europei:”Rispetto le opinioni contrarie, ma la mia idea farebbe bene. Perché oggi anche il Portogallo riapre alla B? e perchè Germania, Francia e Inghilterra le hanno? Il professionismo è meritocrazia: prenderebbero i posti solo chi se lo merita davvero, e le società si finanzierebbero vendendo i giocatori“. L’ultima battuta è quella relativa alla questione degli stati di proprietà:”Ci si preoccupa troppo delle sovvenzioni ai campionati stile sussidio, non come investimento. Ci siamo dimenticati dei tifosi e continuiamo a a raccontarci la favola della legge sugli stadi. Dal giorno che arriva ci vorranno minimo tre anni per un impianto. Nel frattempo che facciamo? Perdiamo ancora terreno?“.

 

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