La Copa Sudamericana si è conclusa in modo barbaro e triste. Gli argentini del Tigre, impegnati allo stadio Morumbì contro il San Paolo, si sono rifiutati di scendere in campo alla ripresa perchè malmenati negli spogliatoi da parte degli agenti della sicurity brasiliani. La tensione la si avvertiva chiaramente sin dai primi minuti di gioco: gli interventi ai limiti del regolamento avevano costretto l’arbitro ad espellere Miranda e Gaston Diaz, ma il peggio è venuto dopo.
Gli argentini raccontano tutto con dovizia di particolari, confessando di essere stati aggrediti con ferocia e violenza: “All’ingresso del nostro spogliatoio abbiamo trovato una ventina di bodyguard enormi che hanno iniziato a insultarci e minacciarci, fino a provocare una rissa. Ci hanno malmenato, e come se non bastasse ci si è messa pure la polizia, che invece di intervenire in nostro aiuto ci ha presi a manganellate” – queste le parole a cuore aperto di Gorosito, tecnico del Tigre. Il portiere Albil, poi, aggiunge senza mezzi termini: “Uno di loro ci ha addirittura puntato contro la pistola“.
Accuse pesanti, ma testimoniate dalle immagini televisive, che mostrano chiaramente le conseguenze di tanta brutalità: porte distrutte, sedie a pezzi e macchie di sangue sparse ovunque, proprio all’altezza degli spogliatoi del Tigre. La rissa è sfuggita agli occhi dei funzionari della Conmbebol, ed anche alla terna arbitrale. Allorchè gli argentini hanno manifestato la volontà di non rientrare in campo per il secondo tempo, Enrique Osses, direttore di gara, ha decretato automaticamente la vittoria del San Paolo (il primo tempo si era concluso sul 2-0 per i padroni di casa con gol di Lucas e Osvaldo).
I brasiliani si sono aggiudicati il trofeo, corrispettivo della nostra Europa League, festeggiando come se nulla fosse successo davanti ai propri tifosi. Questa è stata senz’altro una delle pagine più tristi della storia del calcio sudamericano.