Una vicenda triste con un epilogo ancora più triste. Questo è il primo pensiero che viene in mente quando si pensa al suicidio di Virgilio Motta, un tifoso dell’Inter che nel 2009 fu attaccato da alcuni tifosi milanisti dopo un derby. Motta, aggredito da alcuni pseudo tifosi avversari, fu picchiato selvaggiamente e perse la vista ad un occhio a causa dei pesanti colpi subiti. La giustizia ha identificato e arrestato i colpevoli, ma a loro sono stati inflitti solamente 4 anni di carcere e 5 anni di DASPO (Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive), una pena che, vista la gravità del danno inflitto, è sembrata da subito non adeguatamente giusta.
Ad aggravare la situazione dei colpevoli, inoltre, vi era stato un risarcimento di 140mila euro che gli aggressori avrebbero dovuto versare a Motta per permettergli di andare all’estero per cercare di curarsi. I teppisti, però, durante il processo, non hanno mostrato il minimo segno di pentimento, e addirittura hanno rivolto alla vittima una serie di occhiate di scherno e minacce. In aula, infatti, uno dei colpevoli ha anche urlato la frase: “Infame, verme, spero che i centoquarantamila euro te li spendi tutti in medicine”.
Il risarcimento, inoltre, non era ancora stato versato dai colpevoli e proprio questo ha contribuito a peggiorare la situazione psicologica di Virgilio Motta, che oggi è stato trovato senza vita nel suo appartamento. L’uomo infatti ha deciso di suicidarsi per porre fine allo stato di depressione scaturitogli dopo l’aggressione. Emblematiche, infine, sono state le parole del suo avvocato: “Le sue condizioni psicologiche sono peggiorate perché gli imputati condannati per quegli scontri non gli hanno versato i 140 mila euro che gli dovevano come risarcimento e con i quali lui voleva andare all’estero per provare a curarsi“. Una vicenda a dir poco vergognosa che dovrebbe far riflettere ancora una volta tutti sia sulla sicurezza degli stadi che sulla lentezza e sull’inappropriatezza della giustizia italiana.